Ordinanza n. 111 del 2006

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ORDINANZA N. 111

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Annibale                   MARINI        Presidente

- Franco                      BILE                 Giudice

- Giovanni Maria        FLICK                       "

- Francesco                 AMIRANTE              "

- Ugo                          DE SIERVO              "

- Romano                    VACCARELLA        "

- Paolo                        MADDALENA         "

- Alfio                         FINOCCHIARO       "

- Alfonso                    QUARANTA            "

- Franco                      GALLO                     "

- Luigi                         MAZZELLA             "

- Gaetano                    SILVESTRI               "

- Sabino                      CASSESE                  "

- Maria Rita                SAULLE                    "

- Giuseppe                  TESAURO                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 3, primo periodo, 5 e 6; 5, comma 1, 14, comma 3, e 19 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 4 agosto 2005, recante «Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti», promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 12 agosto 2005, depositato in cancelleria il successivo 18 agosto e iscritto al n. 77 del registro ricorsi 2005.

    Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 2006 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

    Ritenuto che, con ricorso notificato il 12 agosto 2005 e depositato il successivo 18 agosto, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale di talune disposizioni della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 4 agosto 2005 (disegno di legge n. 788-376-550-957), recante «Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti»;

            che una prima censura riguarda gli artt. 4, commi 5 e 6, e 5, comma 1, denunciati per contrasto con gli artt. 3, 97 e 81, quarto comma, della Costituzione;

            che nel ricorso si osserva che il legislatore regionale, nell'ottica del riordino degli enti e delle strutture preposte allo sviluppo del turismo, ha disposto la soppressione, con conseguente messa in liquidazione, delle aziende autonome di soggiorno e turismo e delle aziende autonome provinciali per l'incremento turistico, creando contestualmente i servizi turistici regionali ed i distretti turistici;

    che, quanto al personale di ruolo delle soppresse aziende autonome di soggiorno e turismo, il denunciato comma 5 dell'art. 4 ha previsto che esso venga direttamente inquadrato nell'organico dell'amministrazione regionale, con il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale posseduta, ed assegnato agli istituendi distretti turistici territoriali, consentendo però agli interessati il trasferimento, a domanda e previa concertazione sindacale, presso gli uffici regionali o provinciali o comunali;

            che, ad avviso del ricorrente, ciò violerebbe il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., giacché il disposto inquadramento nella pianta organica dell'amministrazione regionale riguarda «personale che in futuro sarà assegnato ad uffici, istituiti su iniziativa pubblica e privata e di cui non è prevedibile ipotizzare il fabbisogno di unità lavorative», essendo peraltro rimessa «alla volontà del dipendente la scelta dell'amministrazione presso la quale prestare servizio, indipendentemente dall'esistenza e preventiva verifica delle necessità degli uffici, anche riguardo alla professionalità ed esperienze lavorative possedute dai richiedenti»;

            che sarebbe altresì leso l'art. 81, quarto comma, Cost., non contenendo la disposizione denunciata «la determinazione della spesa derivantene né la necessaria indicazione delle risorse con cui farvi fronte»;

            che per analoghe ragioni sarebbe incostituzionale anche il comma 6 dell'art. 4, il quale prevede che il personale a tempo determinato delle sopprimende aziende autonome venga chiamato, ope legis, a continuare a prestare la propria attività lavorativa «prioritariamente presso i servizi dell'Assessorato Regionale del Turismo», senza che vi sia una previa verifica «della sussistenza della vacanza nell'organico e dei fabbisogni dell'ufficio»;

            che, al pari delle altre richiamate disposizioni oggetto di censura, il comma 1 dell'art. 5 verrebbe a privilegiare, secondo il ricorrente, il mantenimento dei livelli occupazionali e le aspirazioni del personale, «a scapito della funzionalità degli uffici pubblici»: esso, infatti, prevede che al personale delle sopprimende aziende autonome provinciali per l'incremento turistico venga applicata la disciplina concernente i dipendenti dell'amministrazione regionale e che possa trasferirsi presso altri uffici (regionali, provinciali, comunali o dei servizi turistici), «che sarebbero costretti ad assumere un onere finanziario imprevisto e non giustificabile in alcun modo»;

            che il Commissario dello Stato sostiene che il comma 5 dell'art. 4 ed il comma 1 dell'art. 5 sarebbero altresì in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., poiché stabiliscono in favore di dipendenti di amministrazioni diverse da quella regionale lo stesso trattamento normativo ed economico del personale della Regione, pur svolgendo essi compiti e mansioni «per le quali i dipendenti di ruolo sono soggetti a un diverso trattamento economico e giuridico»;

            che un'ulteriore censura investe il comma 3, primo periodo, dell'art. 4, nella parte in cui «dispone che i direttori delle aziende autonome di soggiorno e turismo siano nominati commissari liquidatori dell'azienda stessa»;

    che detta disposizione violerebbe l'art. 97 Cost., sotto il profilo dell'imparzialità dell'amministrazione, giacché l'aver in precedenza gestito l'azienda pone il commissario liquidatore in posizione di potenziale conflitto di interessi, non potendo in tal modo essere assicurata «l'indispensabile terzietà nella valutazione delle attività e passività»;

            che è poi denunciato l'art. 14, comma 3, il quale stabilisce: «Con decreto dell'Assessore regionale per il turismo, le comunicazioni ed i trasporti, da emanarsi entro 90 giorni dall'approvazione della presente legge, sono riconosciute e regolate le attività di quelle imprese e professioni non altrimenti disciplinate dalla normativa vigente»;

            che, secondo il ricorrente, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 12 dello statuto speciale di autonomia (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana»), attribuendo all'Assessore regionale una potestà regolamentare che soltanto il Governo può esercitare «e solo per l'esecuzione delle leggi regionali, che peraltro nella materia di imprese e professioni turistiche, per espresso riconoscimento del legislatore, non sono esistenti»;

            che sarebbe inoltre vulnerato l'art. 117, terzo comma, Cost., essendo la materia delle professioni di competenza concorrente e non potendo quindi l'Assessore regionale «interferire nel campo delle professioni qualora queste non siano disciplinate dalla normativa vigente ed in ipotesi non siano neanche riconosciute dall'ordinamento»;

            che, infine, viene denunciato l'art. 19, rubricato come «Interpretazione autentica del comma 4 dell'articolo 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21» e che – secondo il ricorrente – introdurrebbe invece «una nuova norma», prevedendo, in sostanza, che «i contratti di lavoro a termine trasformatisi in assunzioni a tempo indeterminato, presso gli enti che abbiano deciso di avvalersi del contributo regionale per le assunzioni ai sensi dell'art. 78, comma 6, legge 388/2000 e dell'art. 12, comma 4, decreto legislativo 488/1997, comportino l'inquadramento in profili appartenenti alla fascia “B” del contratto collettivo di lavoro degli enti locali»;

            che la disposizione – osserva il Commissario dello Stato – sarebbe in contrasto con gli artt. 97 e 81, quarto comma, della Costituzione, giacché, intendendo tutelare le aspettative dei lavoratori, non tiene però conto delle necessità di quelle amministrazioni «che si sono determinate a procedere alle assunzioni secondo le vacanze presenti nelle rispettive piante organiche», altresì comportando un «incremento di oneri retributivi per i quali il legislatore non indica né l'ammontare né le risorse con cui farvi fronte»;

    che, con successiva memoria, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha chiesto che, sulla proposta impugnazione, sia dichiarata cessata la materia del contendere, giacché la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 4 agosto 2005 (disegno di legge n. 788-376-550-957), è stata promulgata e pubblicata  (G.U. della Regione Siciliana, 16 settembre 2005, n. 39) come legge regionale 15 settembre 2005, n. 10 (Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti), con «omissione delle parti impugnate».

    Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso – in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione e all'art. 12 dello statuto speciale di autonomia (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana») – questione di legittimità costituzionale degli artt. 4, commi 3, primo periodo, 5 e 6; 5, comma 1; 14, comma 3, e 19 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 4 agosto 2005 (disegno di legge n. 788-376-550-957), recante «Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti»;

    che, successivamente all'impugnazione, la predetta delibera legislativa è stata promulgata e pubblicata (G.U. della Regione Siciliana, 16 settembre 2005, n. 39) come legge della Regione Siciliana 15 settembre 2005, n. 10 (Norme per lo sviluppo turistico della Sicilia e norme finanziarie urgenti), con omissione di tutte le disposizioni e parti di disposizioni oggetto di censura;

    che l'intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall'Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualche efficacia, privando così di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale (sentenza n. 351 del 2003);

    che pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, ordinanze n. 403, n. 293 e n. 169 del 2005), deve dichiararsi cessata la materia del contendere.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2006.